Abbiamo perso l’occasione di fare del Codice Rosso uno strumento davvero utile a contrastare il drammatico fenomeno della violenza sulle donne. La maggioranza non ha nemmeno voluto prendere in considerazione uno solo degli emendamenti che abbiamo proposto: hanno bocciato in maniera burocratica e arrogante tutti i nostri emendamenti, senza mai entrare nel merito. Eppure molti nostri suggerimenti provavano a dare voce alle tantissime perplessità espresse da chi lavora nei centri antiviolenza, degli avvocati e dei magistrati, degli operatori, degli ufficiali di polizia giudiziaria di quanti o hanno a che fare con il contrasto alla violenza di genere. Nel merito questa legge affronta temi importanti, ma anche secondo gli operatori lo fa in maniera insufficiente. Così è per il collegamento del procedimento civile a quello penale, così è per la formazione per gli operatori: come si può attuare con una spesa invariata? Volevamo rafforzare le misure di tutela e protezione e quelle di contrasto al revenge porn, alla lesione del viso, ai matrimoni forzati, la maggioranza non ce l’ha permesso. E poi la norma principale: i 3 giorni concessi al magistrato per intervenire minano l’efficacia delle indagini, rischiano la vittimizzazione secondaria delle donne e anche di intasare le procure, soprattutto mettendo in seria discussione la possibilità di avvalersi di magistrati specializzati. Purtroppo ancora una volta è prevalsa la logica della propaganda su quella del buon governo.
Tutte e tutti siamo d’accordo sulla necessità di inasprire le pene nei confronti di quegli uomini che agiscono con violenza, ogni forma di violenza, contro le donne. Ma la repressione non basta. Anche perché se non si interviene prima per prevenire e dopo per evitare che succeda di nuovo, non riusciremo a produrre nessun reale cambiamento. Dobbiamo smettere di intendere la violenza sulle donne come un fenomeno emergenziale. Si tratta, piuttosto, di un problema strutturale della nostra società che va affrontato con strumenti e quindi risorse strutturali. Nel “codice rosso” ci sono le pene ma non ci sono né gli strumenti né gli investimenti – la lotta contro la violenza non si può fare a costo zero – per agire sulla prevenzione, sulle competenze di operatori, forze di polizia, psicologi, sul sostegno alle vittime, sulla necessaria e imprescindibile battaglia culturale da compiere. Recependo la Convenzione di Istanbul, il nostro Paese ha aderito a un approccio multidisciplinare e complesso nei confronti di un fenomeno che non può essere trattato solo attraverso politiche di tipo securitario come si è fatto invece con il “codice rosso”.
https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2019;69