Roma, 24 novembre. Per Il Resto del Carlino-Ferrara. «Nell’approssimarsi del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, si intensifica il dibattito sul fenomeno e si presta più attenzione ai casi che la cronaca ci consegna, quasi fossero strettamente correlati. Così non è, perché sono proprio i media a segnalarci quotidianamente storie di soprusi. Anche a Ferrara. Il 25 novembre però si tende ad avere risposte, a manifestare istanze, a parlare di traguardi da raggiungere, di strada percorsa. Eppure a mancare è più che ‘qualcosa’ se a fronte di un indiscusso impegno comune profuso a vari livelli il fenomeno non si argina e tra Covid e lockdown ha raggiunto nel 2020 livelli allarmanti. Il terreno è scivoloso e si tende ad affrontarlo con una buona dose di rassicurante retorica, che male non fa, con messaggi rivolti sia a donne che a uomini, perché va riconosciuto che negli ultimi anni si sono create le condizioni per agire su più fronti. Tuttavia, nel 2020, mentre ci interroghiamo su cosa sarà la normalità delle dimostrazioni affettive nel prossimo futuro, dobbiamo domandarci cosa, ora, può fare la differenza. La legge, in primis. In Senato proprio oggi, 25 novembre, voteremo un disegno di legge presentato all’unanimità per introdurre nuove prassi nelle rilevazione di dati. Quindi incroci, quesiti, tutto ciò che può aiutare ad avere un flusso di informazioni da più parti e frutto di molteplici voci. Per presidiare al meglio bisogna suddividere tra violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, stolking, che sono diverse, nessuna minimizzabile. Se, come auspico, diventerà legge, la politica potrà mettere in campo strumenti adeguati a una platea che cambia. L’Istituto Copernico Carpeggiani di Ferrara, lo scorso anno, è salito agli onori della cronaca per la realizzazione del brano ‘Non è normale che sia normale’, divenuto virale. L’allora dirigente, Roberto Giovannetti, proponeva di farla diventare una disciplina, comprensiva dello studio del diritto e delle scienze motorie, andando oltre il percorso educativo. Bisogna ripartire da lì. Ai ragazzi bisogna fare comprendere, attraverso gli strumenti che loro stessi maneggiano, il significato di concetti come stigma, colpa, vergogna, paura, isolamento. Solo così nella maturità sapranno riconoscerli senza rimanerne imprigionati. La violenza non riguarda solo ‘alcuni’ e non va sviscerata solo a novembre. Riguarda la collettività e per molti la normalità. Per questo serve un’alleanza con i media, perché la ripetizione dei fatti non produca assuefazione. Infine è bene ricordare che la violenza non è solo quella inflitta o subìta ma è anche quella assistita dai figli, che spesso, da adulti, replicano i comportamenti visti in famiglia, persecutori o di sottomissione, perché conoscono ‘solo’ quelli». Paola Boldrini, senatrice Pd, membro Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza
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