ROMA, 8 maggio. «E’ un momento epocale. Con questo ultimo decreto, si completa l’impianto previsto dalla legge sulla Medicina di Genere, per cui mi sono battuta fino all’inserimento, nel 2018, nel Sistema Sanitario Nazionale italiano. Unica a livello internazionale. E’ una grande soddisfazione, per me, che mi sono spesa in prima persona come parlamentare. Lo è come ferrarese, perché UNIFE, che con la Rettrice Laura Ramaciotti ha inserito gli indicatori di genere nel proprio piano strategico, viene riconosciuta come punto di riferimento per l’esistenza del centro universitario sulla Medicina di Genere. Ora tutti gli Atenei dovranno aggiornarsi». Così Paola Boldrini, già vice presidente Commissione Sanità in Senato e oggi vice Presidente dell’Intergruppo parlamentare su Diabete e Obesità – «la cui materia molto attiene al genere» – accoglie la notizia della sottoscrizione, da parte del Ministro della Salute e dalla collega dell’Università e della Ricerca, del decreto sul piano formativo della medicina di genere previsto dal comma 4 della legge del 2018. Sessanta pagine che citano proprio la legge 3/2018 di Boldrini, di cui la formazione era un caposaldo «ai fini della disseminazione, anche culturale». Compiacimento dalla Rettrice, Laura Ramaciotti. «Il nostro Ateneo da anni è attivo su molti fronti in tema di Medicina di Genere, dimostrazione ne sono il nostro Centro Universitario di Studi sulla Medicina di Genere attivo dal 2018, unico centro universitario a livello nazionale, e l’inserimento nei percorsi formativi di laurea e post laurea di insegnamenti di medicina di genere e medical humanities. Insieme alle aziende sanitarie ferraresi abbiamo sostenuto l’importanza di un approccio scientifico che tenga conto delle differenze di sesso e genere nelle caratteristiche di salute e malattia, un approccio che cambia e rivoluziona diversi aspetti della ricerca, della prevenzione, della pratica clinica e in generale della vita quotidiana delle persone. L’adozione del Piano Formativo Nazionale per la Medicina di Genere rappresenta una tappa importante verso un cambiamento culturale e non solo, che consenta a chi si sta formando e a chi già opera in questo campo di riconoscere l’impatto delle differenze di sesso e genere e applicarlo per fornire prestazioni di qualità dalla prevenzione alla diagnosi, alla terapia e per una personalizzazione di percorsi della cura sempre più appropriata. Mi congratulo vivamente per il lavoro svolto e per il costante impegno dedicato al raggiungimento di questo obiettivo da parte di Paola Boldrini, Tiziana Bellini e Fulvia Signani, da sempre attive sostenitrici di questa battaglia». Se l’Italia conferma di essere l’unico Paese ad essersi dotato di una normativa a tema, Unife può vantare infatti di avere al proprio interno esperti che hanno lavorato al tavolo tecnico scientifico nazionale istituito per predisporre il documento (che ha visto il coinvolgimento di Regioni, Istituto Superiore di Sanità, IRRCS). In primis, Tiziana Bellini, Delegata ai rapporti con gli enti per la formazione medico universitaria – che aveva già recepito i contenuti del decreto nel pre e post laurea con le scuole di specializzazione, come oggi ufficialmente previsto – e Fulvia Signani, Docente incaricata di Sociologia di Genere e della Salute (tra i vari incarichi, membro dell’ Osservatorio Nazionale sulla Medicina di Genere presso l’Istituto Superiore di Sanità). Bellini pone l’accento sulla lungimiranza dell’Ateneo, che da tempo ha introdotto i nuovi approcci di metodo alla Facoltà di Medicina e accoglie positivamente l’estensione ad altri insegnamenti. «Tutto reso possibile – sottolinea – dal fatto che queste indicazioni sono state recepite anche da Ausl e OspFe». Signani sottolinea alcuni punti in particolare: si prende atto che la medicina di genere o meglio l’approccio attento alle differenze di sesso e genere, non è una branca disciplinare, ma è trasversale a tutte le discipline della salute; la formazione riguarderà studenti ma anche operatori da tempo strutturati e conterrà aspetti afferenti all’ambito biomedico e sociopsicologico; si dispone di divulgare la cultura di genere anche tra la popolazione; si riconosce che i sessi non sono solo maschio e femmina ma vi sono differenti tipologie di cosiddetta intersesessualitá (da non confondere con le più note transessualità, ndr) un passo avanti importantissimo nel riconoscere con attenzione le differenze».
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