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Sulla violenza contro le donne, la riflessione non può limitarsi ai moniti

Ferrara, 25 novembre. La Giornata internazionale contro la Violenza sulle donne trova tutti d’accordo nei moniti e negli obiettivi: educare e sensibilizzare da una parte, arrivare a una maggiore consapevolezza del principio di autodeterminazione dall’altra. Questo in sintesi. A fare la differenza sono però gli strumenti di partenza. Ieri, a Roma, abbiamo presentato il lavoro conclusivo della Commissione d’inchiesta parlamentare della scorsa legislatura, di cui ho fatto parte: 12 relazioni tematiche – dall’analisi delle misure di contenimento in pandemia, al linguaggio passando per il riordino della normativa in materia di prevenzione –  frutto di 200 audizioni, tra magistrati, psicoterapeuti, avvocati. Un lavoro immane, che ha preso in esame la giurisprudenza degli ultimi decenni, premessa indispensabile per superare barriere culturali e patriarcali esistenti ancor oggi. Perché non basta gridare che bisogna denunciare, assicurando il supporto della rete territoriale, bisogna chiedersi perché a procedere è solo il 15% delle donne e perché  il 63% subisce violenza senza mai parlarne con nessuno, persone amiche comprese. Perché il numero verde 1522, tanto promosso, è ancora così poco sfruttato. Perché a fronte di tanto impegno istituzionale, di cui le molteplici iniziative collegate al 25 novembre sono espressione, a frenare è ancora il timore di non essere credute. Tra le vulnerabilità emerse, c’è che la formazione effettuata alle forze dell’ordine, di cui non si mette in discussione sensibilità e impegno, sia indietro rispetto ad altri Paesi; la non attuazione della legge 53 del 22 per il recepimento delle direttive e degli atti europei, che chiama in causa la Convenzione di Instabul, inapplicata sotto il profilo della raccolta dei dati; l’assenza di risorse per gli orfani di femminicidio, che tali diventano dopo avere assistito alla violenza domestica. Ancora, parliamo di un fenomeno che riguarda anche la sfera del lavoro e dell’indipendenza economica. La mancanza di occupazione è soprattutto femminile e si traduce in mancanza di autonomia, in dipendenza dal coniuge o compagno. Il mio auspicio è che il lavoro della Commissione venga portato avanti, quindi non solo accolto, dalla Bicamerale oggi formatasi in Senato e che i singoli Enti, quindi anche il Comune di Ferrara, ne faccia l’uso necessario. Perché la violenza sulle donne è un problema sociale. Non possiamo correre il rischio di abituarci ad oltre cento morti l’anno.

Paola Boldrini, membro Commissione d’inchiesta parlamentare contro il femminicidio  2018-2022