DDL AGGRESIONI PERSONALE SANITARIO: MANCANO LE RISORSE

Il principio va benissimo, ma è nel metodo e nel merito che ci sono carenze. ci siamo accorti che è un testo purtroppo bandiera, perché intanto è con invarianza finanziaria e questo già dice cosa significa una proposta di legge che non ha fondi da poter utilizzare». Inoltre, «costituisce un Osservatorio, al quale fanno parte ovviamente il Ministero dell’Interno, il Ministero della Difesa e via dicendo, ma che fa una raccolta dati, un’analisi dei fatti per vedere poi cosa mettere in pratica per poter contrastare questo fenomeno. Un’altra cosa che fa è quella di aggiungere un’ulteriore aggravante all’articolo 61 del codice penale che dice che anche nei confronti delle professioni sanitarie c’è un’aggravante di reato, ma questo non risolve il problema».

Assenti alcune misure richieste dalle categorie coinvolte. «Ci hanno detto “benissimo che ci avete messo all’attenzione, ma ci aspettavamo molto di più”»,. Cosa? «Che le aziende si costituissero parte civile, tutti ce lo avevano chiesto. Tuttavia, questi emendamenti non sono stati accolti, come anche la proposta di indicare come luogo giuridico l’azienda invece del domicilio». Quest’ultima misura in particolar modo tutelerebbe l’operatore sanitario da «eventuali ripercussioni e proprio per dare l’idea che l’operatore non rimanga da solo di fronte a un caso di violenza».

Intervenire anche sulla “solitudine fisica” degli operatori sanitari. «Un altro emendamento importante era quello di considerare la valutazione del rischio nei luoghi dove si svolgono le attività. Faccio un esempio, abbiamo visto tante donne, soprattutto medico, che vengono aggredite mentre fanno la guardia medica. Noi abbiamo detto di fare una valutazione ulteriore visto che abbiamo il decreto legislativo 81 che su questo tema è molto importante e valutare i luoghi dove vengono fatte le guardie mediche, perché non è possibile trovare una guardia medica in un territorio dove non c’è nessuno intorno, così queste donne medico devono portarsi il marito o il compagno perché hanno paura. Quindi non svolgono neanche il servizio con tranquillità, come invece dovrebbero».

Poi la prevenzione, dalle campagne informative alla formazione professionale. «Fare un’informazione nella società civile per far ricredere nel ruolo della professione sanitaria. Sempre di più adesso si ritiene che le persone debbano controbattere sulla propria salute, quindi dare delle indicazioni loro al medico come se ci fosse un senso di sfiducia che sta crescendo sempre di più nei confronti della classe medica. Quindi fare anche una contro informazione, dire di avere anche fiducia nei medici e questo potrebbe ovviamente contrastare il fatto che invece si viene sempre di più a chiedere di avere più salute ma a volte in maniera impropria. E poi fare la formazione. Tante Regioni lo stanno facendo, formazione con i professionisti per capire come potersi comportare in situazioni conflittuali, perché purtroppo abbiamo una società che è in conflitto sempre con tutto». Noi ovviamente quando saremo in Aula ripresenteremo gli emendamenti che riterremo importanti e poi vedremo che cosa deciderà il Governo, quando voteremo il provvedimento.

https://www.sanitainformazione.it/politica/ddl-antiviolenza-senza-fondi-la-denuncia-della-senatrice-boldrini-pd-ecco-cosa-non-e-stato-fatto/

http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/50764.htm

DL CODICE ROSSO: OCCASIONE MANCATA, CODICE INSUFFICIENTE

Abbiamo perso l’occasione di fare del Codice Rosso uno strumento davvero utile a contrastare il drammatico fenomeno della violenza sulle donne. La maggioranza non ha nemmeno voluto prendere in considerazione uno solo degli emendamenti che abbiamo proposto: hanno bocciato in maniera burocratica e arrogante tutti i nostri emendamenti, senza mai entrare nel merito. Eppure molti nostri suggerimenti provavano a dare voce alle tantissime perplessità espresse da chi lavora nei centri antiviolenza, degli avvocati e dei magistrati, degli operatori, degli ufficiali di polizia giudiziaria di quanti o hanno a che fare con il contrasto alla violenza di genere. Nel merito questa legge affronta temi importanti, ma anche secondo gli operatori lo fa in maniera insufficiente. Così è per il collegamento del procedimento civile a quello penale, così è per la formazione per gli operatori: come si può attuare con una spesa invariata? Volevamo rafforzare le misure di tutela e protezione e quelle di contrasto al revenge porn, alla lesione del viso, ai matrimoni forzati, la maggioranza non ce l’ha permesso. E poi la norma principale: i 3 giorni concessi al magistrato per intervenire minano l’efficacia delle indagini, rischiano la vittimizzazione secondaria delle donne e anche di intasare le procure, soprattutto mettendo in seria discussione la possibilità di avvalersi di magistrati specializzati. Purtroppo ancora una volta è prevalsa la logica della propaganda su quella del buon governo.

Tutte e tutti siamo d’accordo sulla necessità di inasprire le pene nei confronti di quegli uomini che agiscono con violenza, ogni forma di violenza, contro le donne. Ma la repressione non basta. Anche perché se non si interviene prima per prevenire e dopo per evitare che succeda di nuovo, non riusciremo a produrre nessun reale cambiamento. Dobbiamo smettere di intendere la violenza sulle donne come un fenomeno emergenziale. Si tratta, piuttosto, di un problema strutturale della nostra società che va affrontato con strumenti e quindi risorse strutturali. Nel “codice rosso” ci sono le pene ma non ci sono né gli strumenti né gli investimenti – la lotta contro la violenza non si può fare a costo zero – per agire sulla prevenzione, sulle competenze di operatori, forze di polizia, psicologi, sul sostegno alle vittime, sulla necessaria e imprescindibile battaglia culturale da compiere. Recependo la Convenzione di Istanbul, il nostro Paese ha aderito a un approccio multidisciplinare e complesso nei confronti di un fenomeno che non può essere trattato solo attraverso politiche di tipo securitario come si è fatto invece con il “codice rosso”.

https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2019;69

UNIONI E FUSIONI DI COMUNI: MANCANO 31 MILIONI PER LE FUSIONI. SALVINI NON RISPONDE AL QUESTION TIME

Tutto ha fatto il ministro dell’Interno Salvini nell’Aula del Senato, tranne che rispondere al nostro quesito. Al Fondo di solidarietà per i comuni, dal quale si attinge per l’unione e la fusione dei piccoli enti locali, mancano all’appello 31 milioni di euro, necessari per dare seguito agli accordi in essere con i 67 enti istituiti in seguito alla fusione di 166 amministrazioni. Si tratta di risorse destinate ai servizi per i cittadini, che i piccoli comuni che hanno aderito a unioni e fusioni aspettano per legge. Abbiamo posto il quesito al ministro dell’Interno, senza ottenere risposta. Come Pd abbiamo presentato un emendamento al decreto ‘salvaconti’, il sostegno da parte della maggioranza e del governo risolverebbe questa questione.

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/Sindisp/0/1118231/index.html

MERCATONE UNO: DI MAIO SI OCCUPI DELLA SORTE DEI LAVORATORI MA INTERVENGA ANCHE NEI CONFRONTI DEI CLIENTI DELL’AZIENDA

Ho presentato in questi giorni una seconda interrogazione sulla triste vicenda dell’azienda Mercatone Uno. Se è  vero che il fallimento dell’azienda “Mercatone Uno”, avvenuto nel mese di maggio 2019, ha avuto pesanti ripercussioni sui lavoratori che sono stati avvisati della chiusura degli stabilimenti attraverso i social network, anche per clienti e consumatori che si erano impegnati con l’azienda nell’acquisto dei suoi prodotti e si trovano al momento senza i soldi spesi e senza i beni acquistati, la situazione è alquanto difficile.

Ritengo doveroso che il Ministro Di Maio si occupi in prima istanza delle misure di tutela da mettere in atto per i lavoratori che stanno rischiando il posto di lavoro, ma è altrettanto necessario che siano tutelati i diritti e i risparmi di quei cittadini che hanno acquistato in buona fede prodotti dell’azienda.

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/Sindisp/0/1117642/index.html

Resto del Carlino, 4 luglio
La Nuova Ferrara, 30 giugno

PRIMO PIANO DL CALABRIA: SPOT INEFFICACE E DANNOSO PER LA SANITA’

Il cosiddetto decreto Calabria è uno spot, un mero piano di rientro per la Regione Calabria, che non servirà a risanare la sanità per i cittadini calabresi. In più, le norme generali sul personale, che dovevano essere oggetto di un altro decreto, sono discriminatorie e non risolvono l’emergenza della mancanza di medici nel servizio sanitario nazionale che si acuisce ancor di più con quota 100. Le norme per la sanità calabrese con un sistema complesso di commissari, pericolose deroghe alle procedure di nomina e solo 18 mesi a disposizione, non consentiranno di rimettere in sesto il sistema per garantire anche ai calabresi i livelli essenziali di assistenza. Il capo 2 è poi un decreto nel decreto. Prevede l’assunzione nel sistema sanitario nazionale dei medici specializzandi all’ultimo anno a svantaggio del servizio e dei medici che hanno già maturato esperienza. Non vengono affrontate le questioni delle assunzioni nell’emergenza-urgenza per il buon il buon funzionamento dei Pronto Soccorso e neanche quella annosa dell’ampliamento dei posti nelle scuole di specializzazione, necessaria per sopperire alla carenza di personale nel Ssn per l’emergenza, che si andrà aggravando, a scapito della salute di tutti i cittadini.

https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2019;60

Allarme nutrie in agricoltura, 5 mesi per una non risposta

Quasi 5 mesi per una risposta in cui non compare un’assunzione di responsabilità ma si declinano i motivi per non agire finanziariamente mi paiono tanti, soprattutto dato che l’allarme è reale e riguarda un comparto, come l’agricoltura, cui lo stesso Governo dice di guardare con attenzione. E’ quanto ha impiegato il Ministro per le Politiche Agricole e Forestali, Gian Marco Centinaio, per dare riscontro all’interpellanza sul ‘problema nutrie’ depositata lo scorso. Interpellanza in cui, accogliendo l’allarme di Confagricoltura –  che paventava il danneggiamento del comparto, il depauperamento della fauna, il rischio idrogeologico e la mancanza di sicurezza per gli operatori dei mezzi -, si chiedeva la destinazione di ulteriori risorse rispetto a quelle predisposte dalle Regioni che, come l’Emilia Romagna, tra le prime, si erano comunque dotate di un piano. Chiamando in causa la responsabilità delle Regioni in materia di risarcimento danni e l’articolo 7, comma 5 della legge 28 dicembre 2015 n.221, sulle “disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”, il Governo ha risposto di ritenere che «siano state poste in essere – si legge nel documento – azioni importanti per contrastare il fenomeno». Seppure annuncia che un ‘Piano nazionale di gestione della Nutria’, sarà sottoposto al parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano e che «l’eventuale possibilità di individuare fondi statali destinati ad agevolare l’attuazione dei piani di controllo della nutria dovrà essere valutata in relazione alle diverse priorità di intervento nonché alla sua compatibilità con le esigenze di finanza pubblica». Parole che, di fatto, significano solo che ad oggi nulla si pensa di fare per aiutare economicamente. E lo si poteva dire, 5 mesi fa. Confido nel piano annunciato, ma ricordo che l’emergenza, soprattutto in territori come il nostro, è reale .

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/SommComm/0/1117814/index.html?part=doc_dc

PRIMO PIANO DL CRESCITA: UN DECRETO OMNIBUS SENZA CRESCITA

Doveva essere un decreto in grado di rimettere in moto il Paese. Il risultato, invece, è una serie di provvedimenti inutili o sbagliati, che non produrranno gli effetti sperati e di cui il sistema economico italiano ha bisogno. C’è il pasticcio Alitalia, che non si sa che fine farà ma intanto viene finanziata caricando 650 milioni sulle bollette elettriche, c’è il Salva-Roma, che coprire con 490 milioni tolti al Fondo Industria 4.0, soldi tolti alla crescita economica. E c’è la madre di tutti i disastri, la ex ILVA di Taranto: viene tolto lo scudo legale, si da un alibi agli azionisti privati per scappare dall’Italia, si mette a rischio il più grande investimento nel Mezzogiorno, i piani di protezione ambientale, 15 mila posti di lavoro. Le uniche misure che potranno avere qualche efficacia, infatti, sono quelle varate dai nostri governi negli anni scorsi (super ammortamento per gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi) ed ora prorogate o recuperate dopo che erano state, in diversi casi, colpevolmente accantonate

Questo non è un decreto crescita, ma l’emblema del totale fallimento della politica economica di questo governo. Siamo davvero di fronte, insomma, ad un decreto “senza crescita”, insufficiente e non all’altezza delle necessità e delle aspettative del Paese, che viene invece lasciato scivolare lungo il piano inclinato di una “decrescita felice” che di felice non ha proprio nulla.

https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2019-06-28;58

Boldrini su risposta interrogazione nutrie e allarme Confagricoltura

«Quasi 5 mesi per una risposta in cui non compare un’assunzione di responsabilità ma si declinano i motivi per non agire finanziariamente mi paiono tanti, soprattutto dato che l’allarme è reale e riguarda un comparto, come l’agricoltura, cui lo stesso Governo dice di guardare con attenzione». Così la senatrice Pd, Paola Boldrini, commenta la risposta ricevuta all’interpellanza sul ‘problema nutrie’ depositata lo scorso febbraio all’indirizzo del Ministro per le Politiche Agricole e Forestali, Gian Marco Centinaio. Interpellanza in cui, accogliendo l’allarme di Confagricoltura –  che paventava il danneggiamento del comparto, il depauperamento della fauna, il rischio idrogeologico e la mancanza di sicurezza per gli operatori dei mezzi -, chiedeva la destinazione di ulteriori risorse rispetto a quelle predisposte dalle Regioni che, come l’Emilia Romagna, tra le prime, si erano comunque dotate di un piano. Chiamando in causa la responsabilità delle Regioni in materia di risarcimento danni e l’articolo 7, comma 5 della legge 28 dicembre 2015 n.221, sulle “disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”, il Governo ha risposto di ritenere che «siano state poste in essere – si legge nel documento – azioni importanti per contrastare il fenomeno». Seppure annuncia che un ‘Piano nazionale di gestione della Nutria’, sarà sottoposto al parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano e che «l’eventuale possibilità di individuare fondi statali destinati ad agevolare l’attuazione dei piani di controllo della nutria dovrà essere valutata in relazione alle diverse priorità di intervento nonché alla sua compatibilità con le esigenze di finanza pubblica». «Di fatto – chiude Boldrini – significa solo che ad oggi nulla si pensa di fare per aiutare economicamente. E lo si poteva dire, 5 mesi fa. Confido nel piano annunciato, ma ricordo che l’emergenza, soprattutto in territori come il nostro, è reale» .